A cura di Gioacchino la Greca

 

 

 

 

Crocifissione di San Pietro

 

 

(1600-1601)

Olio su tela (230x175)

Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma

 

 

di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1611)

 

 

 

 

 

 

 

 

La Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo non potrebbe avere ospiti più illustri: questa Crocifissione di S. Pietro da una parte, e dall'altra la Conversione di S. Paolo. Ormai Caravaggio sta a Roma come pittore grande e affermato, nonostante qualche versione rifiutata, i suoi soggetti sono accettati dalla Chiesa e dai committenti e il suo lavoro dà lustro sia alle committenze che ai luoghi che ospitano i suoi quadri. In questa scena del supplizio del santo apostolo, nulla in più della drammaticità propria dell'episodio viene aggiunto dal Merisi. I tre aguzzini non infieriscono per niente in modo eccessivo, anzi se facciamo la prova a coprire la figura del santo in croce, le azioni dei tre sembrano normali istanti di un lavoro manuale, come se fossero intenti a sollevare e trainare un carro impantanato pesantemente. Il pittore è cosi sicuro della sua arte che ormai non teme la rappresentazione a figura intera, e ancora una volta lo sberleffo al tema sacro è offerto, come nel Seppellimento, dalla messa in primo piano proprio in faccia dello spettatore di parti anatomiche non proprio nobili. Il vecchio modello di tante altre riprese sceniche, che doveva proprio essere a buon mercato per essere così presente nelle tele caravaggesche, fissa le pietre che lo attorniano e, cosciente della sorte, corruga la vecchia fronte, guardandoci calmo e paziente come un eroe laico, mentre la luce di grazia che inonda la scena tagliandola in diagonale sembra quasi sollevare la croce assieme agli aguzzini. I quali sono noncuranti del dolore del vecchio, presi come sono dalla loro fatica della triste bisogna. Nel 1601 anno in cui i lavori della cappella Cerasi finirono, Caravaggio si apriva la strada verso la gloria, presto trasformata in tragedia sfortunata e dirompente che lo porterà ad una condanna a morte e alla fuga. Ma per adesso Roma papalina è ai suoi piedi.

 

 

 

 

 

 

 

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