Dialetto 

 

 

I proverbi solofrani

 

 

Nel favorevole momento attuale di vitalità della cultura popolare che sembra interessare un po' tutte le realtà locali si segnala un importante contributo ad opera di uno studioso di dialettologia e tradizioni locali, Soccorso giliberti (Proverbi e detti dell'Irpinia: Solofra, Atripalda, 1988). Frutto di una lunga e minuziosa ricerca condotta, come l'autore dichiara nella nota al lettore, col metodo dell'indagine linguistica su sacche di pura autonomia ed esclusiva dialettologia, la raccolta rappresenta il primo tentativo di trascrizione del dialetto solofrano.

La citata nota, inoltre, compendiando le caratteristiche ortografiche e fonetiche dell'idioma con l'aggiunta di note sintattiche, permette non solo una corretta lettura quanto un primo approccio all'idioma stesso.

L'operazione, che si colloca nella linea degli studi del Giliberti già autore di un apprezzato Dizionario dialettale solofrano (Vicenza, 1982), risulta così utilissimo agli studiosi della materia, ma non meno utile alla cittadina irpina, polo industriale ed oggetto di un ampio processo di ricostruzione nel post-terremoto, che in un momento di profonda trasformazione recupera un essenziale documento del proprio patrimonio culturale e sociale.

I proverbi in ordine alfabetico sono corredati dalla traduzione letterale o dal significato in lingua a volte affiancati da un commento esplicativo e quanto è stato possibile da notizie abbastanza attendibili raccolte sull'origine".

La raccolta si avvantaggia di una pregevole prefazione di Pietro Pelosi dell'Università di Salerno.

 

Sulla stampa irpina, 1989 .

 

 

 

Ancora sui proverbi solofrani

.

Una raccolta di proverbi e detti si qualifica per il contributo sostanziale al recupero del patrimonio culturale locale. Soccorso Giliberti nel pubblicare i suoi Proverbi e detti, dell'Irpinia: Solofra (Atripalda, edizione WM, 1988), consegna, infatti alla sua cittadina, delle cui tradizioni da anni, pur vivendo nel lontano Veneto, è solerte e competente raccoglitore, un materiale vastissimo nei suoi 2383 pezzi oltre quelli aggiunti nell'Appendice. Da essa emergono i caratteri salienti della realtà locale essendo i proverbi tra tutto il materiale folclorico quello che permette meglio di penetrare un mondo formatosi a grano a grano, passato al vaglio dell'esperienza in cui si esprime il logos e l'ethos dell'uomo, quello nelle forme del buon senso questo negli affetti connessi con i legami di sangue e di gruppo.

L'importanza di questa operazione non è solo culturale, ma anche linguistica, anzi noi pensiamo che la raccolta assuma una caratteristica peculiare, proprio per questo elemento, intendiamo parlare dell'indagine linguistica che ha guidato l'autore nella ricerca. Essa ha permesso l'individuazione dei proverbi autoctoni e di quelli provenienti da altri nuclei sociali non sempre limitrofi, ingressi dovuti oltre che a contatti commerciali anche al naturale respiro della cultura popolare.

Il dialetto solofrano è divenuto nella competente indagine del Giliberti uno strumento di confronto col quale l'A. ha misurato forme e suoni di altri idiomi dialettali tutti facenti parte dell'area linguistica napoletana.

Vogliamo sottolineare l'importanza di una seconda operazione, l'individuazione cioè di una sicura koinè del linguaggio locale attinto dal vivo ("Ho raccolto il materiale dalla viva voce del popolo, stavolta strappandolo alla non più ferrea memoria dei vecchi o cogliendolo al volo nelle conversazioni sui bei tempi antichi") prima che esso perda la primitiva originalità con la sempre più massiccia invadenza del linguaggio nazionale.

Citiamo qualche esempio delle caratteristiche dell'idioma solofrano, che traiamo dalla nota al lettore che correda la raccolta, per far comprendere l'importanza dell'operazione linguistica operata dal Giliberti: "Il complemento oggetto è retto dalla proposizione a se si riferisce ad esseri animati (meno ad animali). Esempi: "agge visto a Ntonio, a te, a parete, a nu cane" (ho visto Antoni, a te, a tuo padre, a un cane). Nel dialetto solofrano è raro l'uso del condizionale, il quale viene spesso sostituito dal congiuntivo. Esempi: vularie / vulesse sapé (vorrei sapere); si 'o tinesse t' 'o resse (se lo avessi, te lo darei). L'opera, dunque va molto più in là del valore che può avere un qualsiasi lavoro del genere costituendo un recupero importante non solo per la cittadina, ma per tutta l'area linguistica, e si colloca in una linea di continuità con gli studi del Giliberti che ha già all'attivo un apprezzato Dizionario dialettale solofrano (Vicenza, 1982) e lo impegna ce lo auguriamo, per una futura grammatica del dialetto solofrano.

Dalla stampa irpina, 1989.

 

.

 

 .

Intervista a Soccorso Giliberti, studioso del dialetto solofrano

 

.

Pur se non si è adepti del Croce, parafrasando il grande filosofo abruzzese, dobbiamo dire che non possiamo non essere crociani tanto del suo pensiero è intrisa la nostra epoca. Siamo infatti con Croce quando consideriamo che la sola opera che "dia dignità alla vita umana" non sta nel "disgiungersi e distaccarsi dal male e ricacciarlo nel profondo inferno o annientarlo", ma nel superarlo e questo avviene prima accettando "la realtà di quelle cose stesse che dobbiamo affrontare e condannare e abbattere" poi "sentirle come male, errore e bruttezza per creare il bene, la verità, la bellezza".

In questo circolo consiste la vita, in cui acquista validità la storia, anzi ne è l'unica realtà, la storia con tutto il carico delle sue ombre e negatività perché possa esso essere superato "di poco o di molto" nella più peculiare opera dell'uomo.

Non bisogna, dunque, volgere le spalle al mondo e distaccarcene, ma operare incessantemente affinché il nostro miglioramento e accrescimento si possa propagare e possa penetrare "tra le aride lotte degli uomini" e vi possa esercitare "le sue virtù fecondatrici".

Dall'uomo all'uomo, dalla storia alla storia: è questa la visione che anima colui che indaga tra le pieghe più intime del vivere quotidiano e con amore ne conserva le forme perché non se ne perda la forza propulsiva del "negativo e del positivo" di cui egli avverte per finezza di sensibilità, la valenza.

Un ricercatore di questo genere è Soccorso Giliberti, solofrano, solerte raccoglitore di tradizioni locali. Di recente ha pubblicato il suo secondo lavoro, una nutrita raccolta di proverbi solofrani ben 2383 oltre quelli in appendice, per i tipi delle edizioni WM di Atripalda.

Nell'intento di conoscere più a fondo questo studioso e l'articolazione del suo lavoro abbiamo approfittato della sua disponibilità raggiungendolo telefonicamente a Vicenza.

 

D.: Lei risiede a Vicenza. Come concilia questo con la raccolta di tradizioni solofrane e in quale rapporto è la residenza con la sua passione?

R.: Da venti anni risiedo lontano dal mio paese prima a Trento poi a Vicenza, ed anche se mi sono bene integrato nell'ambiente di vita e di lavoro c'è un filo tenace che mi lega alla mia gente e al mio paese dove mi reco appena mi è possibile. E' indubbio che questo legame alimenti il mio interesse per le tradizioni del mio paese e mi faccia sentire più acuta la necessità di difenderne le forme dalla forza assorbente di altre forme che si presentano con i caratteri della modernità, dell'efficienza, della piacevolezza.

 

D.: Sei anni fa fu dato alle stampe per i tipi della U.Ti.V.E. di Vicenza, in una edizione esclusiva della ditta Graziano Buonanno di Solofra il suo Dizionario Dialettale Solofrano, opera pregevole, non in vendita, che ci fece conoscere la sua esperienza in materia, ora questa raccolta effettuata, lo dice lei nella nota al lettore, attraverso l'indagine linguistica. Ci parli di questa sua competenza e del metodo che segue per la scelta dei proverbi.

R.: Il primo approccio al proverbio come "voce" del mondo popolare lo ebbi negli ormai lontani anni dell'Università quando studiavo all'Orientale di Napoli le lingue, le letterature e le istituzioni dell'Europa occidentale e mi specializzavo in lingua tedesca. Allora il docente propose al nostro gruppo di trovare nel nostro ambiente dei proverbi che corrispondessero per contenuto a quelli incontrati nell'opera di un autore della Svizzera tedesca. Quella ricerca mi dette la possibilità di entrare a contatto più intimo con la realtà della mia gente e mi fece scoprire nel dialetto la voce più genuina e viva di essa. Mi attirarono dell'idioma popolare soprattutto le possibilità di vivacità ed immediatezza che la lingua nazionale mediata dalla cultura non possiede. Sorgeva in me una passione che io sostenni con studi di linguistica. Nella scelta dei proverbi mi faccio guidare (la ricerca continua) dal dialetto solofrano nel senso che scarto tutti quei proverbi che non hanno alcun elemento linguistico locale. Dalla raccolta ho escluso anche i proverbi già in uso nella lingua nazionale. Essa invece contiene tutti quelli che hanno elementi precipui della realtà linguistica e sociale solofrana, come espressioni caratteristiche o toponomastiche, oppure proverbi venuti da altre località, ma chiaramente assorbiti nella realtà idiomatica locale. Devo aggiungere che ho raccolto, anche volgendomi al passato lontano, i cognomi solofrani i quali mi hanno dato la possibilità di seguire gli innesti avvenuti nel tessuto sociale, che sono innesti di civiltà.

 

D.: L'assorbimento linguistico testimonia, infatti, un precedente assorbimento culturale poiché un popolo immette nella propria realtà un proverbio appartenente a gruppi etnici limitrofi o ad ambienti a contatto dei quali viene (e l'attività commerciale solofrana è stata un consistente elemento di apertura) solo se riscontra con questi affinità culturali. Ma vorrei soffermarmi su questo suo metodo che assicura una corretta e rigorosa scientificità a tutta la raccolta.

R.: Il mio campo d'indagine è stato esclusivamente l'ambiente dialettoforo che ormai con l'avanzare della lingua nazionale sta scomparendo. Nei miei soggiorni solofrani mi intrattengo con gli amici anziani in lunghe conversazioni che raccolgo su nastri. A volte colgo al volo qualche detto, una massima, delle locuzioni; mi aiuta molto il "parlare per proverbi" che è caratteristico (una volta ampiamente) di una fascia della popolazione. Comunque giro sempre a Solofra con carta e penna.

 

D.: Questo metodo le ha dato la possibilità di seguire il tragitto, attraverso differenze flessionali o semantiche, che ha fatto il proverbio individuando anche le varie isoglosse di dialetti affini che sono poi quelli dell'area meridionale ove si estendevano i contatti commerciali del solofrano. Vorrei che ci parlasse un po' delle caratteristiche del dialetto solofrano.

R.: Appartiene alla grande famiglia meridionale e più precisamente ad un antico linguaggio italico, stretto parente del latino, l'osco-sannita, di cui una delle testimonianze è la f invece di v o b latine, come per esempio "scarafone" (lat. scarabeus). Presenta per motivi storico-sociali molte affinità con altri dialetti campani e con altri extra-regionali (abruzzese, calabrese, pugliese, siciliano).

 

D.: A quando allora una grammatica del dialetto solofrano?

R.: Ci sto pensando. Ci penso, seriamente, anzi posso dire che ne sto, sistemando la struttura grammaticale e la sto comparando con quella dei dialetti dell'area meridionale.

 

D.: Oltre ai proverbi quali sono i testi su cui avviene questo studio?

R.: Ho raccolto, sempre con lo stesso metodo, canti, ninne-nanne, stornelli, poesie, cantilene, racconti, leggende e su questi conduco il mio lavoro per preparare dal punto di vista fonetico, strutturale e lessicale, lo studio sistematico del dialetto per individuare le linee grammaticali sulle quali si articola la lingua orale.

 

D.: Ci darà anche una raccolta di quest'altro materiale?

R.: Senz'altro ho quattro cassette di canti e tanto altro materiale che pubblicherò così come è stato raccolto nella sua pura veste senza alcun commento o sistemazione allotria. A me interessa assicurare al ricordo solo il prodotto genuino della cultura popolare solofrana. Voglio fare come Scandone: dare agli altri il materiale per analisi socio-antropologiche o di altro genere, secondo gli interessi.

 

D.: Il dialetto solofrano ha altri testi scritti?

R.: Non ce ne sono. Tutti i solofrani che hanno usato il dialetto lo hanno fatto usando in verità quello napoletano. Pochi e poco conosciuti sono anche gli scritti negli altri dialetti irpini.

 

D.: Ci anticipi qualche caratteristica del dialetto solofrano.

R. Le regole fonetiche ed ortografiche non si allontanano di molto da quelle del dialetto napoletano. Tra le peculiarità dirò che il complemento oggetto è retto dalla proposizione a (agge visto a Ntonio. Ho visto Antonio). E' raro l'uso del condizionale che viene sostituito sostituito dal congiuntivo ( vulesse sapè = vorrei sapere). Il solofrano si individua subito oltre che dal tipico accento dalla prevalenza del suono aperto della e, anche da alcune espressioni quali 'nterra a chiazza; ccà nterra (ccà), chistu ccanne ccà.

 

D.: Una curiosità. Per chi non la conosce dirò che Ella è una persona di facile dialettíca, ma quando si parla con lei di questi argomenti il suo viso s'illumina, il suo linguaggio diviene subito "dialettale" fiorito di proverbi e detti. Fa così anche nel suo ambiente di vita e di lavoro?

R.: È una deformazione o un'impronta che i miei studi mi danno. Ma io spesso parlo in dialetto in famiglia con mia moglie che è delle nostre parti, di Cesinali, con i miei figli che parlano l'italiano e il veneto. Anche con i colleghi a scuola spesso mi viene di concludere il discorso o di chiosare un fatto con un "dalle mie parti si dice...", i confronti vengono naturalmente.

.

Sulla stampa irpina, 1990.

 

 

Home

Scrivi

Pagine sparse

 

 

_____________________________________________

© www.mimmademaio.com 2002