Isola

 

 II

.

Le parole dell'isola

 

 Isola, cima che s’alza oltre le nuvole

 

È un filo d'argento
ove come perle
scorrono i pensieri,
è una cuna serena
quando denso è il respiro,
un'aperta finestra
sulle sue canne d'oro.
 
 
 

*

 
Isola
 
 
Isola, 
colorato d’azzurro
il tuo cielo
e là sulla riva il mare di luce
t’invade e risposa.
 
Tenui, quali vapori i viali infiniti 
e siepi 
e aiuole fiorite 
 dentro visioni
dove vaghi tratti
il profumo dei fiori risveglia
e poi candidi voli
e sprazzi
e spruzzi di sole
utili essenze
sul fetido tanfo
dei fiori del mondo
opposti a quelli dell’isola.
 
Vengono da fresche sorgenti di cielo,
arsura di fuoco calmando
in coppa umana, 
divine musiche
intorno ed ali
pietose di angeli.
 
Echi d’altro giardino,
esuli solitari di viaggi
remoti
trovano approdo
e risvegliano al suono 
fantasmi romiti.

 

 

*

 

 
L’isola è tempio
 
 
L’isola è tempio
dai profondi obelischi,
libero è il voto
sacro l’altare 
e l’ampiezza del rito, 
è prece il pianto 
e l’angoscia.
 
E vince col sole
lungo l’ascesa, 
del corpo
l’invito abbracciando
ch’è forte
nelle radici del cosmo.
 
L’isola è tempio
dai profondi obelischi
e meta 
l’uomo migliore 
con occhi divini.

 

 

*

 

 
E mi spingo in cerca
 
 
E mi spingo in cerca
della vetta del cielo
che riempia il boccale
e mi faccia esperto nocchiero,
aquila di spazi profondi.
 
Affondano i pesi del mondo
si ferma il pianto del tempo
nel mare di luce,
e l’isola scopre i raggi del sole
che vogliono i fiori.
 
L’isola nutrita di lacrime
è madre di eroi:
oro e roccia
dell’umana miniera.

 

 

S’incentra per elevare pinnacoli il mio centro

 

*

 
.
 
Altre vette dà il cielo
 
 
Alza le ciglia
deponi semi negli occhi
dell’isola.
Per me saranno germi
fecondi di forme
fruttici mai guasti.
 
Come fattor con cura
i lucidi attrezzi rimesto
consunti
 
e la ruga del viso
è più fonda.
 
Non temo né il giorno, né l’ora
 
vivono parole terribili
nel libro del cielo.
 
Non voglio restare sul pelo
dell’onda, sul breve poggio
del monte che ferma il viaggio
del piede già stanco.
 
Altre vette dà il cielo
altro gusto il profondo.
 
 
 

 

 *

Nella profondità dell’isola d'oro
si trovano levità più alte

 

 
I
 
Nella bassa palude i dissidi
non voglio placare,
lungo le vie del mondo
dove il cuore s’interra
e dove brezze già stanche
uccidono tra le stoppie
i piaceri senza sospiri.
 
Dentro l’isola c’è,
nel rigoglio di rami
e di fiori, la vita
del cuore
trasportato
fino alle messi
dei cieli.
 
 
II
 
A riva io vengo
al tuo abbraccio
mare di luce
e s’apre
un dono profondo.
 
I miei fiori
nel tuo profumo
 
niente vive
come le note
nell’onda
d’una melodia.
 
 
III
 
Quando l’aroma di te torna
sulla ferita del corpo recando
echi e pezzi di luce ed ombre,
tutto sfrasca nella mia natura
gli occhi non si chiudono
e il pensiero si ferma
 
l’antica resistenza s’è dileguata
 
non c’è più il respiro del tuo denso bosco
gli alberi si sono legati alle canne d’oro.
 
Oh, quale risveglio potente dice che vive
più di una vita vive
carezzando una stella.
 
Ma il profumo di te, 
balsamo di suoni 
e di sorrisi, 
talvolta canta sulla ferita
la sua dolcezza 
e una quieta nenia
lenti suoni calmano 
ed accordi
come se avessero mani 
e occhi 
e parole
come il fiume s’appaga dentro il mare.
 
 
 
IV
 
Più del mare è il cielo
buio e profondo
e là dentro
ampi giri
moti intensi
silenzi
fuochi.
 
Anche a noi è dato avvertire,
appena un poco s’apre
la scorza del tempo,
il respiro
fondo
del cosmo.
 
 
V
 
Cuore apri
in questa ora
il tuo narcete,
che entri
nel mio profondo.
Apri, cuore di gocce genuine
sulle distese tue
le finestre
che m’immerga nel tuo respiro
centro vero
punto di vita.
 
La tua voce
mi conduce
alle radici
del sentire.

 

 

*

 

 
Doni
 
 
Questo a te dono.
 
Il cuore venuto da un rivolo di monte
alla pianura,
pioppi svelti lo circondano
e betulle allegre per il vento,
il core sempre vivo 
finché brucerà la casa.
 
Quando da plaghe di nebbia
giunse il soffio di vita
quando ricamò dolci sirene
il prodigio a te si mostrava.
Era un’alba rosata,
da un nido un fremere di passere,
era il bacio dell’onda sulla rena,
sul fiore una perla di rugiada
che al sole brilla e a lui s’instrada.
 
Come l’aurora presi il giorno
dal buio della notte
e a te lo donai.
 
È per te questo cesto di primizie
questo grappolo turgido di uva
di gelsomini il profumo.
 
Il perla del cielo che vive
sopra un prato o sul mare
e culla un pensier vago
il gentil canto d’un nido
è tuo,
tra le nuvole il raggio di luce,
un biancore leggero nella nebbia,
sul ruscello di faville
una danza,
il fremere del sole sul mare
al tramonto
e ancora altro
ed altro
ancora.
 
 
 

 

*

 

 
Ascolta
 
 
Ascolta questo fremito
inciso
nella memoria del corpo
portato da gocce di stelle
delle mani nel cavo.
 
Schietto è il dono
ed azzurro
nato nell’ampio respiro
delle romite dell’anima plaghe.
 
Vive solo in altre profondità
il mio dono.
 
 
 

*

 

Alla musa dell’isola

 

 

 
Il tuo canto
 
Accompagna 
sulle corde dell’isola
il tuo canto
la notte
dinanzi alla platea delle stelle
 
io ascolto distesa.

 

 

*

 

 

 
Chi sei tu?
 
 
Chi sei tu
che della mia vallata
il segreto conosci
e hai scoperto
del mio bosco i sentieri?
 
S’è aperta la mia natura
e vi è penetrato
un soffio profondo.
 
E tu vieni ogni giorno nel vento
nei raggi del sole
sorridi nel cielo
nelle piogge a terra
sciogliendoti
 canti.
 
Ti riconosco nei germogli.
 
La selva ha prodotto 
per te
delle foglie col vento 
i concerti
e il monte ha donato
tutto l’argento alle fonti
la luna e le farfalle della notte
coi fiori addormentati
hanno giocato.
 
Ti sei distesa nei risvegli fedeli
hai amato l’estate luminosa
la notte vellutata e la foresta
varia e uguale
sempre.
 
Ai monti hai gridato…
…l’eco ti ha risposto.
 
Ed ora conosco
il riposo dei prati
il fresco della brezza
delle notti l’incanto
la dolcezza delle albe
i malinconici tramonti.
 
Fermati nella mia natura
ti darò tenere chiome,
le più leggere,
chiederò nenie alle fonti
scriverò il tuo  nome
col rosso della sera
rubando una poesia.
Fermati
è fresca l’acqua
che inturgida la terra
dolce il canto sui rumori
e l’aria 
culla 
i dolori.
 
Sono gli alberi 
cara compagnia,
riparo 
silenzioso 
il bosco.
 
Circonda il tempio 
dove t’incontri con Febo
questa mia natura.
 
 
 

 

*

 

 
E con te m’incammino
 
E con te m’incammino tra le vie
mentre cinge il vuoto
il mare di luce
 
tutt’intorno imperando
 
sui tuoi passi petali spargo
perché la tua orma conservi
pazza di paura
come se quel vuoto
potesse inghiottirti
famelico,
come se il mondo
potesse, per invidia, 
distruggere te 

e l’isola d’oro.

 

 

*

 
.
 
 
Ora che il mio canto
 
Ora che il mio canto
nella tua grande casa
ha risuonato
anche l’orto sarà fiorito,
frutti di sole il ramo 
donando.
 
E ce ne andremo 
all’isola di canne d’oro
che al vento affidano
lunghi romanzi
docili al gioco dell’onda.
E lì incontreremo 
gnomi e sirene
finalmente stanchi di sparire.
E ci scambieremo le nostre favole
riempite di niente. 
 
E quando tutti gli angoli
della mia dimora
avrai conosciuto
scoprendo financo le vie intricate
del bosco,
e ad uno
ad uno
avrai contato i ciottoli argentati
che il raggio di notte
rivela al ruscello
non vorrai più fuggire
sul mare di luce.
 
 
 

 

*

 

 
Quando era uguale
 
Quando era uguale 
e comune
la mia canzone
nel mondo normale, 
una mano essenziale
gettò sulle corde della mia lira 
una nota diversa
 
fino nel fondo
le mie stagioni
scuotendo
 
Anima del mondo
che le sue valli 
sceglie
dove distendere l’eco 
 
e chiamare.

 

 

*

 

 
 
Non ti lascerò andar via
 
Non ti lascerò andar via
dall’isola di canne d’oro.
 
Oltre il mare di luce
c’è il mondo
che brucia ogni idea.
Qui ci sono ghirlande
e nei boccali odorosi
c’è miele.
Sono leggeri i miei veli
e brividi di stelle
avrà la sera.
Ogni devozione qui vive
agli altari incenso portando.
Una fiamma c’è nel turibolo
l’impuro metallo mondando.
 
L’isola ha vertigini 
e uno scrigno raro
son perle diamanti gioielli,
gemme
preziosità
sogni.

 

 

*

 

 
Canzone dell’isola
 
 
Sei venuta nell’isola
come vento di primavera
a gonfiar dell’inverno gli sterpi.
 
E un alito passò sulla landa
deserta, battuta dall’onda 
del mare nel silenzio.
 
Non sapevi di portare con la salsedine
la linfa che inturgida le radici
smorte, né vedevi sorgere
rigogliosa una foresta
che le mie membra a te legava.
 
D’allora abitasti la mia isola
che t’accoglieva cheta
e fiori d’ambra
nati al tuo alito di vita
ti donava.
 
E i tramonti si fecero di fuoco
le albe divennero corallo
i meriggi furono sereni.
 
Tutto conobbe la mia isola.
 
Sgorgarono sorsi d’acqua dalle rocce
come dei mari caldi perle
e il ruscello dissetò l’arsura.
 
Il mare assorbì tutto il sole
per farne tappeto alle tue venute, 
di seta la spiaggia divenne
per essere cuscino al tuo riposo
e la sera vi depose
il velluto trapunto dalle stelle.
 
L’isola di canne d’oro di te vive
conosce ogni tuo profumo
i monti ti mandano il tuo canto
i fiori ricamano parole
sui prati stesi al sole
e le nubi danzano
all’orizzonte andando.
 
Ed io nella mia natura t’incontro
perciò ha i profumi d’aprile
d’estate le messi
persino l’autunno ha i suoi segni
e novembre la nebbia.
 
Tutto il mio tempo ti conosce.

 

 

*

 

Pezzi di isola

 

 

 
Paragone
 
 
Nel buio melmoso
senza appoggi
il bruco
scava
la sua via
poi di ali inghirlandato
va lentamente nel sole.
 
Così fino a te io
con la nudità mia lenta
e nascosta
poi m’innalzo
sui prati del pensiero
adornata d’un verso.

 

 

*

 

 
Nessun’acqua
 
 
Nessun’acqua
m’isola
come queste pareti
che la terra 
uniscono al cielo.

 

 

.

 

 
Mondo ottuso
 
 
Chiudimi la bocca
legami le mani
strappami le bende
neanche così
scenderò dall’altare.

 

 

*

 

 
Una nota soltanto
 
 
Una nota soltanto
la mia cetra 
non aveva
ch'il via
fosse
per platani e foglie
sinfonia
nella sera.
 
.

 

*

 

 
Incarico
 
 
Va’ mio stornello
dolce poesia
va’ per le strade.
Tu non sei vagabonda di viaggi
la tua meta è una sola
 nell’azzurro paese degli uomini
dove tante case sono in attesa
che già conoscono l’isola
e il mare di luce.
Spargi latte e miele
tu hai tra le dita tante parole,
ma asciuga il tuo ciglio
che la pupilla possa col labbro 
brillare.
Sii accorta nei gesti
ed attenta
che la dedizione sa dare
e poi discreta scompare.

 

 

*

 

 

 
Mancanza
 
 
Ti chiudi in un manto di nebbia,
vetta di cielo,
proprio quando ti cerco.
 
La sera cattiva ha spento la luna
e la notte tanti rovi
mi ha fatto spogliare.
 
Anche il giorno ha perduto il suo astro
fuggito su altri pianeti,
ed io sono in giro pel mondo
col suo tatuaggio
prigioniera dell’isola d’oro
ove sanguina un rivo
ch’un dolcissimo canto
ogni sera
non riesce a curare.

 

 

*

 

 
Non è tentativo
 
 
Non è tentativo
o frizzo d’insetto
che si perde col fumo
e la mira accontenta,
ma essenza,
sofferta radice,
di stelle pianto sereno
che paga la propria querela
e in versi si sfarina
e giace,
la mia voce.

 

 

*

 

 
Tu ci sei
 
 
Divino sogno deponi
la luce tua bianca
in cesti di cristallo
agli occhi miei aneli
domando
un guizzo soltanto.
 
Tu non inganni
ma parli
con la voce delle stelle
a poco
a poco
a sera.
 
Quaggiù le pagine del giorno
non hanno le favole azzurre
come quelle del cielo sul mare
che non si può abbracciare
e mai si posa
 
perciò il mio pensiero va
e cerca
e non si lamenta
se il sole s’addormenta
perché tu ci sei
col cesto di cristallo
coi guizzi di luce
sorriso di cielo
a notte.
 
 
.

 

*

 

 
Estasi
 
 
Sospensione
di lacerato idillio
in succinto respiro.
 
Invenzione
d’inappagata sete
d’immenso.
 
Lieve permanenza
in ristoro di vita.
 
Pensiero di cielo
che si posa
nel sogno.

 

 

*

 

 

L’essere più sapiente è il tempo (Diogene)

 
Tempo maestro
 
 
Storia di vita, rodìo
come di lima sul ferro
che vai indicando lontano?
E quel filo come Arianna
sottile nel tempo
quei grani tersi
di pule e d’invogli
come battessi la trebbia
sull’aia, d’estate,
o come se aprissi una porta
chiusa, sul respiro del vento,
una porta viva di luce?
Vai nel domani fecondo
seme di cielo
seme di terra
perché il fiume scorre ed avanza
nel campo più ampio
e pasce da sempre
i semi provati dagli anni.
E la selva con forti radici
s’innalza e cresce gigante
perché il giro del tempo rinforza
ed invera come dal fuoco

nell’acqua l’acciaio.

 

 

 

*

 

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