Pensieri

 

IL MIO ZIBALDONE

 

Le ricorrenze che spingono a riflettere

 

 

 

 

Il genetliaco

È nel giorno genetliaco che ci sentiamo più predisposti a stendere uno sguardo indagatore sul nostro essere nel mondo. Cerchiamo allora di individuare nel multiforme intrigo del passato il filo che conduce all'oggi, perché la realtà, che muta, ci cambia insieme a lei.
La coscienza serena che ne nasce ci dà la forza di continuare nelle nostre costruzioni, coraggiosi approdi edificati con sofferto impegno nella convinzione che è dovuto all'uomo controllare razionalmente tutte le vicende e fare di queste, occasioni per il personale progresso.
Sarà la stessa coscienza a trasformare l'amarezza per l'umana fragilità in decisa volontà di maggiore sollecitudine verso un agire futuro sempre più razionale, cosicché l'oggi può proiettare nel domani asseveranti pronostici di quelle migliori realizzazioni.

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E siamo di nuovo alla scadenza genetliaca, pregnante conclusione d'un tragitto che a grado a grado conferma la certezza di procedere verso il rito conclusivo. E noi sulla strada del tempio facciamo con cura tutti i passi innalzando le insegne, in ogni ora pronti a deporre sull'altare la coppa della nostra offerta. Come per ogni cosa di valore porgo serti odorosi al rito che non so per quante volte ancora si ripeterà. Son qui se questo è l'ultimo.

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Fa’, o Signore, che nel mio nuovo decennio splendi tutta la ricchezza accumulata nei lustri precedenti.

 

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Natale

Non può il pensiero in occasione di questa ricorrenza non essere preso dal mistero che essa racchiude: il dono di Dio all'uomo e quello di un essere umano a Dio. Un prodigio di amore che ha unito nella maternità di Maria divino ed umano, qui nella storia. Dinanzi alla profondità di questo mistero la ragione coglie, spaurita, l'essenza del nostro essere, chiamati alla prodigiosa alchimia del divino proposito della Genesi: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e secondo la nostra somiglianza". Magnanimità di Dio che fonda la magnanimità di Cristo. Non è la Natività il concretizzarsi della bellissima figurazione biblica di un Dio che depone in Adamo il suo alito vivificatore? Se il Bambinello questo vuol dire, possa Egli aiutarci a realizzare il progetto che Dio ci ha affidato e possa Egli non essere per noi come con i picchi ghiacciati il sole.

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Dio, che a Nazareth sublimasti la natura umana, meraviglioso fenomeno di tutto il processo evolutivo, sostieni il nostro contenuto universale nel suo connubio con la materia, affinché possiamo realizzare anche in noi quell’armonia cui tende tutta l’umanità. Fa’ che le forze che sperimentiamo nei silenzi siano indirizzate alla vera elevazione di tutti noi, figli della terra, ma consapevoli del destino superiore dell’umanità.

 

 

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Pasqua

Quante volte si risorge come Cristo portando dal sepolcro altri occhi e altri orecchi; quante volte, come Cristo, si indossa l'involucro che pesa; e ancora quante volte rivolgiamo al Padre, come il Figlio suo, la dolorosa preghiera. Quante volte nasce, muore e risorge un Cristo anche in noi? È imprudenza, è follia o è solo cristianesimo avvertire nella nostra via il respiro, il lamento o anche la luce di Cristo? Sono le scadenze religione più che un ripetere per non dimenticare ciò che avvenne, un ricordare ciò che avviene e si ripete in ognuno di noi?

Chiedo a Cristo che c’inviti alla sua mensa che s’imbandisce nella bianca cella del cuore, dove il pane e il vino sono nostri e l’acqua è di sorgente e lì rimanga perché è più che profondità d’abisso, vetta di monte e loco siderale. E visiterà nella metastoria i luminosi alberghi dove il vero senza veli vive e senza orpelli e lieto se ne andrà poi in Paradiso.  
 
 
 

A questo superiore risultato della Natura (Adamo), che è riuscito a far scaturire da sé la sua vera essenza (Eva) e a generare nell’unione con essa, forme superiori sempre più ampie; a questo essere pensante che nel suo lento cammino realizza il biblico invito, Cristo conferma la via di dolore vissuta nel mondo e col mondo come l’unica per innestare nella sua consistenza primitiva il suo essere spirito.

A questo uomo che è chiamato a far parte del disegno divino, va la mia riflessione pasquale. La accompagna l’auspicio per noi di sentire quanto più è possibile questa esaltante partecipazione.

 
 
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Le scansioni che abbiamo messo al nostro tempo ci servono per avvertire lo stesso suo passare? Per salvare dalla crudeltà di questo inesorabile divoratore le cose a noi care? Oppure sono soste che ci permettono di volgere lo sguardo al tratto appena trascorso e verificare se questo ha realizzato del nostro progetto di vita un tanto oppure niente, e trovare in quel niente la spinta perché alla prossima sosta almeno un poco ne sia scomparso? Come tocchi di ore o come cader di stille sul sasso che si segna, come echi che sull’onda larga non si perdono ma più rinforzano la voce, oppure come isole e staggi della vita, le ricorrenze sono nostri bisogni.

 
 

Chiedo a Cristo risorto che c’inviti alla sua mensa che s’imbandisce nella bianca cella del cuore dove il pane e il vino sono nostri e l’acqua è di sorgente e lì rimanga perché è più che profondità d’abisso, vetta di monte o loco siderale. E visiterà della metastoria i luminosi alberghi dove il vero senza veli vive e senza orpelli e lieto se ne andrà poi in Paradiso.

 
 
 

 

 

 

 

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