Leggere le Scritture

 

Testi di Gioacchino La Greca

 

GESÙ E LA LEGGE

 

Cristo Pantocratore, mosaico della Basilica di Cefalù

 

Gesù inizia il suo ministero subito dopo avere ricevuto lo Spirito del Padre nel battesimo (Mc 1,9) con la sfida al mondo e al potere del mondo. 

Sarà, la vita del Cristo, una lotta continua contro il potere costituito, sia religioso sia come ordinamento sociale. Entrambi infatti tengono l’uomo del  suo tempo, ma anche qualsiasi uomo di ogni epoca, in una condizione di assoggettamento che lo privano della sua libertà.

Caratteristica fondamentale del potere religioso, che in Israele all’epoca di Gesù assommava in anche quello politico, essendo strettamente colluso con l’usurpatore romano, era quello di dividere gli uomini in puri e impuri, rendendo quindi il rito della purificazione una vera e propria “forca caudina” da cui passare per avvicinarsi a Dio, perché nessuno in stato di impurità poteva accedere al tempio e quindi al cospetto di Dio. Questo meccanismo perverso faceva del tempio di Gerusalemme, gestito dal sommo sacerdote, dai farisei e dagli scribi, un vero e proprio  centro di potere, anche economico, in cui veniva spacciata per volontà di Dio la bramosia dei sacerdoti.

 Infatti chiunque era in colpa nei confronti della divinità, per qualsiasi trasgressione alla legge di Mosè, doveva portare una offerta al tempio e chiedere la purificazione della colpa: dopo di ciò poteva essere ammesso alla funzione religiosa e reintegrato nella sinagoga, vero e proprio centro socio religioso.

Per Gesù sarà una lotta condotta fino all’ultimo, e il potere coglierà la sua effimera vittoria nella morte in croce del Cristo.

Ma la legge dell’amore, che Gesù è venuto ad annunciare e manifestare, non sarà sconfitta, anzi proprio sulla croce conoscerà la sua glorificazione: ”Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,13). Allora avendo ricevuto lo Spirito d’amore del Padre, che non conosce nessuna forma di sottomissione, viene da esso spinto nel deserto.

Simbolo di libertà da ogni potere mondano, il deserto è anche il luogo che significa libertà del popolo ebraico, che in esso vagò 40 anni per ritrovare la propria identità di popolo eletto. Vi soggiornerà 40 giorni, che indicano come tutta la vita di Gesù sarà spesa nella lotta contro il potere, che chiamato satana, lo tenterà sempre.

Queste tentazioni nel Vangelo di Marco saranno portate a compimento dai Farisei, che continuamente gli porranno ostacoli, inciampi, scandali, e da Simone, anche lui chiamato Satana dal suo Maestro. I Farisei e Simone non riconoscono in Gesù il Messia perché accecati dalla legge e dal potere.

 

Nel deserto Gesù stava con le fiere e gli angeli lo servivano (Mc 1,13).

Le fiere rappresentano  gli Imperi dominanti, espressione del potere dell’uomo che viene assoggettato dal Signore, mentre gli angeli lo servono. Il primo scontro vero e proprio col potere costituito e con la trasgressione della legge del sabato, Gesù lo tiene in sinagoga a Cafarnao (Mc 1,21).

Egli lì incomincia a insegnare come uno che ha autorità, e non come gli scribi.

Gli Scribi erano gli unici autorizzati a predicare la Scrittura, poiché arrivavano a rivestire tale ruolo dopo lunghi studi. Erano un po’ il magistero dell’epoca. Ma il loro insegnamento non ha la forza dell’insegnamento di Gesù, perché manca la forza e l’energia vivificatrice dello Spirito di Dio, di cui Gesù aveva il mandato.

Lo Spirito che viene da Dio è Santo perché separa dal male tutto ciò che è da lui investito. Mentre lo spirito che viene dall’uomo è impuro perché tiene l’uomo legato al male.

Ecco perché in sinagoga c’è subito lo scontro tra Gesù e l’indemoniato.

Nei vangeli gli indemoniati sono coloro che sono posseduti dallo spirito impuro, cioè sono succubi ad un’ideologia totalizzante contraria a quella liberalizzante di Gesù. Quindi attenzione a non mettere insieme i diavoli, i demoni, che sono figure allegoriche, e gli indemoniati, che sono reali ma non posseduti dal demonio in quanto tale.

L’autorità dello Spirito dell’insegnamento di Gesù spaventa i detentori del potere che vedono in lui una severa minaccia: ”Che c’è fra noi e te, Gesù Nazareno?”(Mc 1,24). Sei venuto a rovinarci”.

Il potere avverte la minaccia. Qualsiasi messaggio che può liberare l’uomo dalla paura, dalla soggezione al potere è per esso un pericolo, perché mina le basi su cui si fonda: la paura. Ma di fronte allo Spirito d’amore e di verità esso può solo tacere, la parola di Dio non ammette repliche, e lo spirito impuro lascia la sinagoga. Gesù vince il primo scontro, ma siamo solo all’inizio.

Come effetto dell’accoglimento della parola che libera, cominciano ad accorrere le persone e Gesù opera le sue guarigioni, liberando sia dai mali fisici che dalla oppressione del potere. Ed era sabato.

In una giornata in cui tutto era proibito, qualsiasi attività umana sospesa, perché era il giorno del Riposo del Signore, Gesù esce dalla sinagoga e, recatosi a casa di Simone con i suoi primi discepoli, guarisce la suocera di Simone che per ringraziarlo comincia a servirlo come facevano gli angeli nel deserto.

La donna quindi, che era considerata alla stregua di un oggetto, viene gratificata da Gesù, il quale, non temendo di diventare impuro, la prende per mano e la guarisce.

Nessuna remora quindi di fronte alla sofferenza da parte di Gesù: egli opera per guarire e liberare chi soffre e lo fa anche infrangendo la legge che imponeva di onorare Dio anche a discapito del bene dell’uomo.

Poiché siamo agli inizi della sua missione, la portata piena del messaggio non è ancora colta dalla folla, viene, quindi, solo messo in risalto il lato pratico della vicenda. Per cui al far della sera, cioè alla fine del sabato, quando tutto poi era permesso, cominciarono a portare i malati da Gesù perché li guarisse.

Ma l’equivoco non viene ancora a galla: guariti si, liberi no. E questo con Gesù non è possibile perché nel momento in cui si viene a contatto con la sua parola che guarisce e libera, l’uomo entra nella sfera dell’amore divino che totalmente lo innalza alla piena dignità.

 

Diciamo che dopo tanto tempo in cui Cristo venne alla storia, il messaggio del vangelo ancora non è stato colto nel suo pieno e vero significato. La stessa testimonianza che ne danno la chiesa e i credenti spesso non è quella che intendeva Gesù, ma una stinta copia, anche se nei secoli non sono mancati fulgidi esempi di santi e spiriti che ne hanno colto l’essenza e la bellezza. 

Ma è sempre un processo lungo, difficile, sviati come siamo da mille preoccupazioni quotidiane e dalla ricerca delle manifestazioni esteriori della fede che si perde così dietro ad eventi secondari e meno determinanti che non rendono viva la Parola di Cristo. Ci riferiamo alla grande importanza che sembrano assumere per il credente i fatti miracolistici, le beatificazioni spettacolo, i pellegrinaggi, le apparizioni. Non c’è niente di male in queste manifestazioni di devozione popolare, purché  non si perda di vista il traguardo principale e finale che è Cristo. Corriamo il rischio in effetti di essere sommersi dalla religiosità vacua e dalla osservanza alle leggi che non ci fanno tenere l’obiettivo puntato sul bene dell’uomo e la sua felicità, qui e ora. 

Teniamo conto che Gesù, pur nella sua formazione ebrea che teneva in gran conto il rispetto della forma, sempre privilegiò la prassi, e il suo insegnamento non era volto alla acquisizione di conoscenza,  come nell’ellenismo, ma a incidere sull’atteggiamento pratico. Questo fatto non è un dato originale ma comune al giudaismo rabbinico1.

Di conseguenza  Gesù per portare alla luce e alla sua applicazione pratica il messaggio che predicava, per forza dovette scontrarsi con il Potere di allora, perché non tenne mai conto dell’osservanza delle legge quando doveva operare per il bene dell’uomo. Nonostante avesse detto “Non sono venuto a demolire la Legge e i Profeti”, egli distrugge il fondamento della legge mosaica perché non l’obbedienza gli interessa, ma il compimento di ciò che Mose stesso e i Profeti avevano annunciato: il regno di Dio nel mondo dell’uomo.

Questo primato dell’ortoprassi sulla ortodossia, anche a discapito dello scontro con qualsiasi potere costituito, nei secoli è venuto meno. La stessa chiesa, istituzionalizzata e cristallizzata in potere essa stessa, sembra avere esaurito la spinta vitale dei primi secoli, in cui, investita da potere solo profetico, fu capace di imporsi per spirito e sapienza, ma anche per modello di società comunitaria che metteva in condivisione i beni materiali e spirituali.

Adesso questo sembra essere tramontato e la chiesa gerarchica nella sua nobile e alta funzione di guida deve trovare la rinnovata originalità del messaggio del vangelo, da cui far ripartire una spiritualità che possa dare slancio ad un mondo assopito su se stesso, in cui anche la cultura, le arti, lo sviluppo scientifico sembrano caratterizzate da una decadenza irreversibile.

In questo la guida non potrà essere niente altro che Gesù il quale porterà all’estremo la sua sfida al potere per rendere eterno il suo messaggio d’amore, e per questo sarà messo a morte.

 

Si può dire che se realmente si fosse seguito il messaggio evangelico e la denuncia che fece Gesù contro il potere, la storia degli esseri umani sul pianeta sarebbe stata completamente diversa2. Il potere non è mai accompagnato dall’amore perché è prodotto dall’egoismo e dall’interesse personale, e l’egoismo non nutre amore per l’altro, ma solo per se stesso. La missione della chiesa potrebbe essere destinata al fallimento perché usa il potere che Gesù condannò, diventando un’altra cosa, un’istituzione con scopo anche di lucro, ma non più Ecclesia.

Egli è venuto per cambiare il mondo e le sue leggi. Alla legge imposta col potere e la forza, che richiede sottomissione e obbedienza, egli opporrà la legge dell’amore del Padre, che chiede solo di essere accolta, che mai si impone, e che viene data a tutti per i bisogni e non per meriti.

Il suo unico comandamento “Amatevi come io vi ho amato” viene pronunciato la sera della ultima cena dopo avere lavato i piedi dei suoi discepoli, lui maestro che si fa servo, primo perché si fa ultimo tra i suoi.

Gesù ci invita ad essere perfetti nell’amore e nella carità come il Padre. Un Padre che accoglie nonostante i nostri errori, che elargisce un amore che non è premio che va meritato, ma dono che dipende dal cuore generoso di Dio.

Raggiungere la perfezione del Padre, che è la Bontà e il Bene, è possibile per l’uomo, e questo aiuta Dio a compiere e realizzare il Suo Progetto sull’umanità, un progetto di amore per tutti gli uomini che ha preso forma nel Logos incarnato Gesù Cristo.

 

1. Ruggeri, Prima lezione di Teologia, Laterza, 2011.

2. J. Castillo, Fuori dalle righe, La cittadella, 2010.

 

 

 

 

 

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Foto: https://it.wikipedia.org/wiki/Cristo_Pantocratore