Leggere le Scritture

Testi di Gioacchino La Greca

 

RELIGIOSITÀ E FEDE

 

Il trionfo della fede di Rubens

 

Lo studio evoluzionistico della religione che nel XIX e XX secolo ha toccato l'apice con le opere "Il Ramo d'oro" di Frazer e "Il Sacro" di R. Otto, ha cercato di mettere in evidenza come  l'aspetto religioso sia un  fatto culturale, da sempre  connaturato all'uomo. Nella sua opera Frazer mette in luce come nelle società primitive e nelle culture non evolute (studiabili anche ai nostri giorni), l'aspetto religioso dell'uomo si manifesta con la magia e con i suoi riti. Magia intesa non come sottoprodotto culturale ma come originale e originaria risposta del primitivo dinanzi agli accadimenti naturali che lo spaventavano e sovrastavano. Quindi era da parte dell'uomo un tentativo di poter controllare i fenomeni naturali e volgerli a suo favore. Poiché  al centro degli interessi delle società primordiali vi è la cura per la vegetazione arborea dalla quale dipende la sopravvivenza dell'umanità, ecco sorgere dunque la figura del re mago, che non era tanto un sovrano politico o guerriero, quanto invece una figura sacerdotale, intermediario fra la tribù e la natura, da cui ci si aspettava che trasmettesse la sua forza benefica alla vegetazione per poter rinnovare le stagioni dei frutti e dei raccolti. Tale figura di re mago era sollecitata ad esercitare il suo potere e veniva trattata con massimo riguardo: si provvedeva a non fargli toccare il suolo coi piedi per non disperdere il suo potere, e per proteggere la sua vita si provvedeva ad appendere una corona di fogliame, di solito vischio, che si considerava la sua anima, il suo doppio, su un ramo (perciò d'oro) nascosto nella foresta, ritenendola al sicuro dagli attacchi di qualche nemico. Quando al re cominciava a venire meno il vigore fisico e di conseguenza si temeva per il rigoglio della vegetazione, si provvedeva alla uccisione rituale del re mago e la sua anima si trasferiva al successore senza soluzione di continuità. In tal modo si assicurava anche la continua fioritura vegetale della natura.

Questa antica ritualità magica del rapporto uomo-natura rappresenta la concezione religiosa come lo sforzo dell'uomo di orientare in suo favore i fenomeni naturali. Naturalmente resta la nostra moderna concezione che i fenomeni naturali si comportano in maniera del tutto indipendenti dalle pratiche magiche e religiose, così anche il cuore di Dio. Con la religione, considerato stadio successivo alla magia, ma che la comprende e la regola secondo determinate liturgie ed esperienze del sacro, l'uomo cerca di affrontare e superare le "crisi" della sua esistenza. Chiamiamo così il sentimento percepito come difficoltà a vivere dei momenti chiave della vita che, avvolti nel mistero, non danno nessuna sicura risposta dell'evolversi e del succedersi delle cose future. Così abbiamo la crisi della nascita e della morte, la crisi del dolore e del male, tutte situazioni in cui l'uomo sente di aver bisogno del conforto di una persona vicina, di una divinità che possa dare sicurezza e non faccia precipitare nell'angoscia del nulla esistenziale. La religione e la religiosità creano così quei riti e quelle liturgie che, assommando in sè la drammaticità delle crisi e le esperienze della magia, intesa come ritualità che richiama benefici, aprono all'uomo lo scenario dell'infinito, facendo apparire affascinante, misterium fascinans, ciò che può anche atterrirlo, misterium tremendum, in modo che possa usufruire della benevolenza della divinità facendo affidamento sul lato buono del dio della religione.

Si capisce che dal punto di vista antropologico questa analisi non potrebbe essere esaustiva, nè tale è il mio progetto modesto. Il mio scopo è arrivare ad esaminare da vicino ed esporre quello che succede con l'avvento di Gesù Cristo e la religione cristiana nella storia degli uomini. Con Gesù ciò che era fascinans e tremens, viene trasformato in AMORE, AGAPE, e il mistero di Dio si svela nella persona del Cristo. Non a caso Giovanni scrive "Chi ha visto me ha visto il Padre", rendendo bene evidente come non Gesù è uguale a Dio, ma Dio uguale a Gesù. È lui che ci mostra Dio, nessuno avendolo visto prima d'ora. In tal modo l'uomo cessa di essere homo religiosus magisque e diventa irradiazione vivente dell'essenza divina: essendo noi fatti a immagine e somiglianza di Dio, ogni qual volta assecondiamo il flusso vitale d'amore che noi abbiamo ricevuto e lo irradiamo, facendolo rifiorire in forme nuove, siamo parte della divinità.

Con Gesù quindi cessa la funzione della religione come ricerca dell'intermediario tra Dio e l'uomo, e come risposta al mistero. Inizia con Lui il tempo della fede, intesa come tutto quello che Dio fa per gli uomini, mentre con la religione è l'uomo che si preoccupa di fare qualcosa per Dio, per ingraziarselo. La nuova spiritualità che Gesù instaura è una spiritualità matura, adulta, che non necessita mortificazioni, richieste e atteggiamenti infantili e umili nei confronti di Dio. Richiede invece un atteggiamento di servizio e di disponibilità verso i propri simili, per intrecciare una rete di solidarietà e di fratellanza che si esplica negli atteggiamenti positivi della condivisione e della collaborazione. Gesù abroga il tempio "spelonca di ladri" come a suo tempo denunciava Geremia, ed elimina il culto a Dio come forma più alta di lode, perchè "non sul monte Garizim, nè a Geruslemme adorerete Dio, ma in spirito e verità". L'uomo non necessita più di ricorrere al sacerdote del tempio per purificarsi e incontrare Dio, ma è Dio che viene incontro all'uomo e lo rende degno e puro con la sua presenza. Una sola condizione è richiesta per realizzare tutto ciò: la conversione dei cuori, il cambio di vita e di mentalità.

Non più vivere solamente per se stessi ma aprirsi agli altri con spirito di servizio. Realizzare le forme più alte di umanità è possibile a tutti, osservare dei codici e delle leggi no. Da esse nasce solo trasgressione; ecco perchè Gesù abbatte la legge di Mosè, e lascia un comandamento nuovo: "amatevi come io vi ho amato". L'uomo che serve, serve, chi non serve è inutile, come il servo inutile che nascose il talento sottoterra e integro lo restituì al suo padrone. Adesso non è più necessario cercare di ottenere benevolenza da parte della divinità, volgere a favore nostro le azioni divine che si presumevano di castigo e di premio a secondo dello stato puro o impuro dell'uomo. La spiritualità matura sa che Dio governa con legge d'amore e di vita, che il nostro imperfetto stato di creature finite e necessitate non ci permette di raccogliere tutto in una volta tale efflusso vitale, ma sta a noi continuare a svolgere l'opera tramite la quale Dio si manifesta nel mondo. Siamo co-artefici e co-creatori, e  nel momento in cui percepissimo tale compito che ci è stato assegnato fin da Genesi 1 e 2, custodi del giardino, il nostro essere uomini sarebbe elevato ad un rango ben superiore delle nostre più grandi aspirazioni. Siamo destinati ad un grande avvenire, questo posso dirlo in fede mia.

 

 

 

 

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