L'UNIVERSO DINAMICO

 

 

I FENOMENI CHE NON SI POSSONO DESCRIVERE

Lo scopo principale del misticismo orientale è di riuscire a cogliere tutti i fenomeni che avvengono nel mondo come manifestazioni di una stessa realtà ultima. Questa realtà è vista come l'essenza dell'universo, che sta alla base e unifica la moltitudine di cose e di eventi che osserviamo. Gli Indù la chiamano Brahman, i Buddisti Dharmakāya (il corpo dell'essere), o Tathatā (essenza assoluta), e i taoisti Tao; e ciascuno afferma che essa trascende i nostri concetti intellettuali e sfugge a ulteriori descrizioni. Questa essenza ultima, tuttavia, non può essere separata dalle sue molteplici manifestazioni. È peculiare della sua vera natura manifestarsi in innumerevoli forme che nascono e scompaiono, trasformandosi l'una nell'altra in un processo senza fine. Nel suo aspetto fenomenico, l'Uno cosmico è quindi intrinsecamente dinamico e la comprensione di questa sua natura dinamica ha un'importanza basilare in tutte le scuole del misticismo orientale. D.T. Suzuki scrive per esempio a proposito della scuola Kegon del buddhismo Mahāyāna:

 

«L'idea centrale della scuola Kegon è di afferrare nella sua dinamicità l'universo, la cui caratteristica è di evolversi continuamente, di essere sempre in quella interna disposizione al movimento che è la vita».

 

MOVIMENTO E DINAMISMO

Questa insistenza su movimento, flusso e mutamento non è caratteristica solo delle tradizioni mistiche orientali, ma costituisce un aspetto essenziale della concezione del mondo dei mistici in tutte le epoche. Nella Grecia antica, Eraclito insegnava che «tutto fluisce» e paragonava il mondo a un fuoco perenne, e in Messico, il mistico yaqui Don Juan parla di «mondo fugace» e afferma che «un uomo di conoscenza deve essere leggero e fluido».

Nella filosofia indiana, i termini più importanti usati da Indù e Buddhisti hanno connotazioni dinamiche. Il vocabolo brahman deriva dalla radice sanscrita brh  - crescere -  e suggerisce quindi una realtà che è dinamica e viva. Come dice S. Radhakrishnan, «la parola brahman significa "crescita", e suggerisce l'idea della vita, del moto e del progresso». Le Upanisad si riferiscono al Brahman come a «questo incorporeo, immortale, mobile»; lo associano quindi al moto, anche se trascende tutte le forme.

Il Rg-veda usa un altro termine, Rta, per esprimere la natura dinamica dell'universo. Questa parola deriva dalla radice r, muoversi; il suo significato originale nel Rg-veda è «il corso di tutte le cose», «l'ordine della natura». Esso ha una funzione importante nelle leggende dei Veda ed è connesso con tutte le divinità vediche. L'ordine della natura fu concepito dai veggenti vedici non come una legge divina statica ma come un principio dinamico inerente all'universo. Questa idea non è dissimile dalla concezione cinese del Tao  - «la Via» -  inteso come la via secondo la quale opera l'universo, cioè l'ordine della natura. Come i veggenti vedici, i saggi cinesi interpretarono il mondo in termini di flusso e mutamento, e quindi diedero all'idea di ordine cosmico un significato essenzialmente dinamico. Entrambi i concetti, Rta e Tao, furono in seguito trasferiti dal loro iniziale livello cosmico al livello umano e vennero interpretati in senso morale: Rta come la legge universale cui devono obbedire tutti, dèi e uomini, e Tao come il giusto modo di vivere.

Il concetto vedico di Rta anticipa l'idea di karman che fu introdotta in seguito per esprimere l'interazione dinamica di tutte le cose e di tutti gli eventi. Karman significa «azione» e indica l'interrelazione «attiva», o dinamica, di tutti i fenomeni. Per usare le parole della Bhagavad Gītā,

 

«Tutte le azioni si verificano nel tempo per l'intrecciarsi delle forze della natura».

 

Il Buddha riprese il concetto tradizionale di karman e diede ad esso un nuovo significato, estendendo l'idea di interconnessioni dinamiche alla sfera delle situazioni umane. In questo modo, karman acquistò il significato di catena senza fine di causa ed effetto nella vita umana che il Buddha aveva spezzato raggiungendo lo stato di illuminazione.

Anche l'Induismo ha trovato molti modi di esprimere la natura dinamica dell'universo in un linguaggio mitico. Così Krsna dice nella Gita: «Sparirebbero questi mondi, se io non dessi più luogo a questo mio operare»; e Siva, il Danzatore Cosmico, è forse la più perfetta personificazione dell'universo dinamico. Mediante la sua danza, Siva sostiene i multiformi fenomeni nel mondo e unifica tutte le cose immergendole nel suo ritmo e facendole partecipare alla danza: una splendida immagine dell'unità dinamica dell'universo.

Il quadro generale che emerge dall'Induismo è quello di un cosmo organico, che cresce e si muove ritmicamente; di un universo nel quale tutto è fluido e in continua trasformazione, mentre tutte le forme statiche sono māyā, cioè esistono solo come concetti illusori. Quest'ultima idea  - la precarietà di tutte le forme -  è il punto di partenza del Buddhismo. Il Buddha insegnava che «tutte le cose composte sono precarie», e che tutte le sofferenze del mondo derivano dal nostro tentativo di attaccarsi a forme fisse  - oggetti, persone o idee -  invece di accettare il mondo nei suoi movimenti e nei suoi mutamenti. La concezione dinamica del mondo è quindi alla radice stessa del Buddhismo. Dice S. Radhakrishnan:

 

«Una straordinaria filosofia del dinamismo venne formulata dal Buddha duemilacinquecento anni fa... Impressionato dalla transitorietà degli oggetti, dall'incessante mutamento e trasformazione delle cose, il Buddha formulò una filosofia del mutamento. Egli riduce le sostanze, le anime, le monadi, le cose, a forze, a movimenti, a sequenze e a processi, adottando una concezione dinamica della realtà».

 

I Buddhisti chiamano questo mondo di mutamento incessante samsāra, che significa, letteralmente, «incessantemente in moto», e affermano che in esso non c'è nulla cui valga la pena di attaccarsi. Quindi, per i Buddhisti un essere illuminato è colui che non si oppone al flusso della vita, ma che ne segue il movimento. Quando al monaco Yün-men della scuola Ch'an fu chiesto: «Che cos'è il Tao?», egli rispose semplicemente: «Cammina!». Di conseguenza, i Buddhisti chiamano il Buddha anche il Tathāgata, ovvero «colui che viene e quindi va». Nella filosofia cinese, la realtà che fluisce e muta continuamente viene chiamata il Tao ed è vista come un processo cosmico nel quale sono coinvolte tutte le cose. Come i Buddhisti, i Taoisti dicono che non bisognerebbe opporre resistenza al flusso, ma si dovrebbero conformare ad esso le proprie azioni. Questo, d'altra parte, è l'atteggiamento caratteristico del saggio, cioè dell'essere illuminato. Se il Buddha è colui «che viene e quindi va», il saggio taoista è colui che «fluisce», come dice Huai Nan-tzu, «nella corrente del  Tao».

Più si studiano i testi religiosi e filosofici degli Indù, dei Buddhisti e dei Taoisti, più risulta evidente che in ognuno di essi il mondo è concepito in termini di movimento, di flusso e di mutamento. Questa qualità dinamica della filosofia orientale sembra essere una delle sue caratteristiche più importanti. I mistici orientali vedono l'universo come una rete inestricabile, le cui interconnessioni sono dinamiche e non statiche. Questa rete cosmica è viva: si muove, cresce e muta continuamente.

 

LA FISICA MODERNA

Anche la fisica moderna è giunta a concepire l'universo come una siffatta rete di relazioni e, come il misticismo orientale, ha riconosciuto che questa rete è intrinsecamente dinamica. Nella meccanica quantistica, l'aspetto dinamico della materia si manifesta come conseguenza della natura ondulatoria delle particelle subatomiche, assumendo un significato ancora più essenziale nella teoria della relatività, nella quale l'inseparabilità dello spazio-tempo implica che l'esistenza della materia non può essere separata dalla sua attività. Le proprietà delle particelle subatomiche possono perciò essere comprese solo in un contesto dinamico, in termini di movimento, interazione e trasformazione.

Secondo la meccanica quantistica, le particelle sono anche onde e ciò implica che esse si comportino in modo molto singolare. Ogni volta che una particella subatomica viene confinata in una piccola regione di spazio, essa reagisce al proprio confinamento muovendovisi dentro. Più piccola è la regione di confinamento, più veloce è l'«agitazione» della particella entro tale regione. Questo comportamento è un tipico «effetto quantistico», una caratteristica del mondo subatomico che non ha analoghi macroscopici. Per capire come questo avvenga, dobbiamo ricordare che le particelle sono rappresentate, nella meccanica quantistica, da pacchetti d'onda. Come abbiamo già visto in precedenza, la lunghezza di un tale pacchetto d'onda rappresenta l'incertezza nella posizione della particella.

 

 

 

Un pacchetto d’onda

 

 

 

Per esempio, la forma d'onda nella figura in alto corrisponde a una particella che si trova in qualche punto della regione X: dove esattamente si trovi non possiamo dire con certezza. Se desideriamo circoscrivere con più precisione la particella, cioè se vogliamo confinarla in una regione più piccola, dobbiamo comprimere il pacchetto d'onda in questa regione come nella figura in basso.

 

FOTO

 

 

Compressione di un pacchetto d’onda in una regione piccola

 

Ciò, tuttavia, influenzerà la lunghezza d'onda del pacchetto d'onda e quindi la velocità della particella. Come conseguenza, la particella si muoverà nella sua regione di confinamento, e quanto più piccola sarà questa regione tanto più veloce sarà il suo moto.

La tendenza delle particelle a reagire con il moto al confinamento implica uno stato di fondamentale «agitazione» della materia che è caratteristico del mondo subatomico. In questo mondo, la maggior parte delle particelle materiali sono legate alle strutture molecolari, atomiche e nucleari e perciò non sono in quiete ma hanno insita una tendenza a muoversi: esse sono intrinsecamente agitate. Secondo la meccanica quantistica, la materia non è quindi mai inerte, ma è costantemente in uno stato di moto. A livello macroscopico, gli oggetti materiali che ci circondano sembrano passivi e inerti, ma quando ingrandiamo un frammento apparentemente «morto» di pietra o di metallo, vediamo che ribolle di attività. Quanto più lo guardiamo da vicino, tanto più esso appare vivo. Tutti gli oggetti materiali nel nostro ambiente sono costituiti da atomi che si legano l'uno all'altro in vari modi per formare un'enorme varietà di strutture molecolari che non sono rigide e immobili, ma oscillano secondo la loro temperatura e in armonia con le vibrazioni termiche del loro ambiente. Negli atomi in vibrazione, gli elettroni sono legati al nucleo atomico da forze elettriche che cercano di tenerli più vicino possibile, ed essi reagiscono a questo confinamento roteando tutt'intorno ad altissima velocità. Nei nuclei, infine, i protoni e i neutroni sono compressi in un volume minuscolo dalle intense forze nucleari e di conseguenza si agitano con velocità inimmaginabili.

La fisica moderna, quindi, rappresenta la materia non come passiva e inerte, bensì in una danza e in uno stato di vibrazione continui, le cui figure ritmiche sono sono determinate dalle strutture molecolari, atomiche e nucleari. Questo è anche il modo in cui i mistici orientali vedono il mondo materiale. Essi sottolineano tutti che l'universo deve essere afferrato nella sua dinamicità, mentre si muove, vibra e danza; che la natura non è in equilibrio statico ma dinamico.

Per usare le parole di un testo taosta:

 

“La quiete in quiete non è la vera quiete. Soltanto quando c'è quiete in movimento può apparire il ritmo spirituale che pervade cielo e terra”.

 

In fisica ci accorgiamo della natura dinamica dell'universo non soltanto quando scendiamo alle piccole dimensioni  - al mondo degli atomi e dei nuclei -  ma anche quando ci rivolgiamo alle dimensioni molto grandi, al mondo delle stelle e delle galassie. Mediante i nostri potenti telescopi osserviamo un universo in moto incessante: nubi di gas idrogeno in rotazione si contraggono per formare stelle, riscaldandosi durante questo processo fino a diventare fuochi che ardono nel cielo. Quando hanno raggiunto quello stadio, esse continuano ancora a ruotare, ed alcune emettono nello spazio materiali che si muovono a spirale verso l'esterno e si condensano in pianeti, i quali ruotano a loro volta attorno alla stella. Infine, dopo milioni di anni, quando la stella ha consumato la maggior parte del suo combustibile, costituito da idrogeno, essa si espande e poi si contrae nuovamente nella fase finale del collasso gravitazionale. Durante questa fase di forte contrazione possono avvenire esplosioni gigantesche e la stella può persino trasformarsi in un buco nero. Tutte queste attività  - la formazione di stelle dalle nubi di gas interstellari, la loro contrazione e successiva espansione e il loro collasso finale -  possono essere osservate effettivamente in un qualche punto del cielo.

Queste stelle che ruotano, che si contraggono, che si espandono o che esplodono sono raggruppate in galassie di forme svariate  - dischi piatti, sfere, spirali, ecc. -  che a loro volta non sono in quiete ma ruotano. La nostra galassia, la Via Lattea, è un immenso disco di stelle e gas che gira nello spazio come un'enorme ruota, cosicché tutte le sue stelle - compreso il Sole e i suoi pianeti - si muovono intorno al centro della galassia. In effetti, l'universo è pieno di galassie disseminate nell'intero spazio che riusciamo ad osservare, e tutte sono in rotazione come la nostra.

Quando studiamo l'universo nel suo insieme, con i suoi milioni di galassie, raggiungiamo la massima scala di spazio e tempo; e ancora una volta, a quel livello cosmico, scopriamo che l'universo non è statico, bensì in espansione! Fu questa una delle più importanti scoperte dell'astronomia moderna. Un'analisi precisa della luce proveniente dalle galassie lontane ha rivelato che l'intero complesso delle galassie si espande e che lo fa seguendo uno schema preciso: la velocità di recessione di ogni galassia che osserviamo è proporzionale alla distanza della galassia stessa. Quanto più essa è distante, tanto più velocemente si allontana da noi; se si raddoppia la distanza, raddoppia anche la velocità di recessione. Ciò è vero non solo per le distanze misurate a partire dalla nostra galassia, ma vale con qualsiasi punto di riferimento. In qualunque galassia vi capitasse di trovarvi, osservereste le altre galassie allontanarsi velocemente da voi: le galassie più vicine si allontanerebbero alla velocità di alcune migliaia di chilometri al secondo, le più lontane a velocità superiori, e quelle lontanissime a velocità prossime a quella della luce. La luce delle galassie che si trovano ancora più lontane non ci raggiungerà mai, in quanto esse si allontanano da noi più velocemente della velocità della luce. La loro luce è, secondo le parole di Sir Arthur Eddington, “come un corridore su una pista in espansione con il traguardo che si allontana più rapidamente di quanto egli riesca a correre”.

Per formarci un'idea più precisa del modo in cui l'universo si espande, dobbiamo ricordare che lo schema teorico adatto per studiarne le caratteristiche su larga scala è la teoria generale della relatività di Einstein. Secondo questa teoria, lo spazio non è “piatto”, ma “curvo”, e il modo preciso in cui esso è incurvato è legato alla distribuzione di materia secondo le equazioni einsteiniane del campo. Queste equazioni possono essere usate per determinare la struttura dell'universo nel suo insieme: esse sono il punto di partenza della cosmologia moderna.

Quando parliamo di universo in espansione nel contesto della relatività generale, intendiamo un'espansione in una dimensione superiore. Come nel caso dello spazio curvo, possiamo visualizzare tale concetto solo con l'aiuto di una analogia bidimensionale.

 

 

Immaginiamo un palloncino con un gran numero di punti sulla sua superficie: il palloncino rappresenta l'universo, la sua superficie curva bidimensionale rappresenta lo spazio curvo tridimensionale, e i puntini sulla superficie sono le galassie in quello spazio. Quando il palloncino viene gonfiato, tutte le distanze tra i puntini aumentano. Qualunque sia il punto sul quale si fissi l'attenzione, tutti gli altri punti si allontaneranno da esso. L'universo si espande nello stesso modo: qualunque sia la galassia nella quale un osservatore si trovi, tutte le altre galassie si allontaneranno da lui.

Viene spontaneo porsi la seguente domanda a proposito dell'universo in espansione: in quale modo ha avuto inizio tutto ciò? Dalla relazione tra la distanza di una galassia e la sua velocità di recessione  - nota come legge di Hubble -  si può calcolare il momento iniziale dell'espansione, o, in altre parole, l'età dell'universo. Supponendo che non vi sia stata alcuna variazione nella velocità di espansione, il che non è affatto certo, si ottiene un'età dell'ordine di dieci miliardi di anni. Questa, quindi, è l'età dell'universo. Oggi, la maggior parte degli studiosi di cosmologia crede che l'universo sia venuto in essere in un drammatico evento all'incirca dieci miliardi di anni fa, quando l'intera sua massa scaturì dall'esplosione di una piccola sfera di fuoco primordiale. L'attuale espansione dell'universo è vista come la spinta residua di questa esplosione iniziale. Secondo tale modello del “big-bang” (grande esplosione), l'istante in cui avvenne questa gigantesca esplosione segnò l'inizio dell'universo e l'inizio dello spazio e del tempo. Se vogliamo sapere cosa c'era prima di quel momento, incontriamo nuovamente serie difficoltà di pensiero e di linguaggio. Come dice Sir Bernard Lovell:

 

“Qui raggiungiamo la grande barriera del pensiero, perché cominciamo a lottare con i concetti di spazio e tempo prima che essi esistessero così come noi li conosciamo in base alla nostra esperienza quotidiana. Mi sento come se fossi improvvisamente entrato in un grande banco di nebbia nel quale il mondo familiare è scomparso”.

 

Per quanto riguarda il futuro dell'universo in espansione, le equazioni di Einstein non forniscono una risposta univoca, ma sono compatibili con parecchie soluzioni che corrispondono a differenti modelli dell'universo. Alcuni modelli prevedono che l'espansione continuerà per sempre; secondo altri, l'espansione sta rallentando e alla fine diventerà una contrazione. Questi modelli descrivono un universo oscillante, che si espande per miliardi di anni, poi si contrae fino a quando la sua massa totale è concentrata in una piccola sfera di materia, quindi si espande nuovamente e così via, in un processo senza fine.

Questa idea di un universo che periodicamente si espande e si contrae, nella quale compare una scala di tempo e spazio di proporzioni enormi, è comparsa non solo nella cosmologia moderna, ma era già presente nell'antica mitologia indiana.

 

L’ESPANSIONE NELLA MITOLOGIA INDIANA

Gli Indù, che percepivano l'universo come un cosmo organico e in movimento ritmico, furono in grado di elaborare cosmologie evolutive che si avvicinano molto ai nostri modelli scientifici moderni. Una di queste cosmologie è basata sul mito indù di līlā  - il gioco divino -  nella quale Brahman si trasforma nel mondo Līlā è un gioco ritmico che continua in cicli senza fine, durante i quali l'Uno diviene i molti e i molti ritornano nell'Uno. Nella Bhagavad Gītā , il dio Krsna descrive il gioco ritmico di creazione con le seguenti parole:

 

 “Tutti gli esseri... alla fine di un kalpa [o ciclo cosmicol tornano alla mia realtà; e al principio del ciclo successivo di nuovo io li emetto”.

“Avvalendomi di quella realtà che è la mia propria, sempre di nuovo emetto tutta questa molteplicità di esistenti, priva di ogni potere, dal momento che giace sotto il dispotismo della prakrti [o natura]”.

“E tali atti non mi vincolano neppure, o possessore della ricchezza, poiché io sto a sedere come colui che non è impegnato, non essendo io condizionato da attaccamento in questi atti”.

Avendo me come guida, la natura dà origine all'insieme delle cose mobili e delle immobili; con questo mezzo [per questa via]... il mondo si volge e di nuovo si volge.”

 

I saggi indù non ebbero timore di identificare questo ritmico gioco divino con l'evoluzione del cosmo nel suo insieme. Essi ritenevano che l'universo si espandesse e si contraesse periodicamente e diedero il nome di k a l p a all'inimmaginabile intervallo di tempo che va dall'inizio alla fine di una creazione. La grandiosità di questo antico mito è in realtà impressionante: alla mente umana sono occorsi più di duemila anni per arrivare di nuovo a un concetto simile.

 

LA FISICA SUBATOMICA ESPLORA LA MATERIA CHE È ENERGIA

Dal mondo dell'infinitamente grande, dall'universo che si espande, torniamo ora al mondo dell'infinitamente piccolo. La fisica del ventesimo secolo è stata caratterizzata da una capacità sempre crescente di penetrazione in questo mondo di dimensioni submicroscopiche, e si è spinta fino al livello degli atomi, dei nuclei e dei loro costituenti. Questa esplorazione del mondo submicroscopico è stata motivata da una domanda basilare che ha occupato e stimolato il pensiero umano in tutte le epoche: di che cosa è fatta la materia? Fin dagli inizi della filosofia naturale, l'uomo ha riflettuto su questo problema, cercando di trovare il “materiale” fondamentale di cui è fatta tutta la materia; ma solo nel nostro secolo è stato possibile cercare una risposta effettuando degli esperimenti. Con l'aiuto di una tecnologia estremamente raffinata, i fisici furono in grado di esplorare dapprima la struttura degli atomi, scoprendo che sono formati da nucleo ed elettroni, e quindi la struttura dei nuclei atomici, scoprendo che sono formati da protoni e neutroni, chiamati comunemente nucleoni. Negli ultimi due decenni, i fisici hanno compiuto un ulteriore passo in avanti cominciando ad esplorare la struttura dei nucleoni  - i costituenti del nucleo atomico -  che, di nuovo, non sembrano essere le particelle elementari definitive, ma risultano composte da altre entità.

Il primo passo nella penetrazione in strati sempre più profondi della materia  - cioè l'esplorazione del mondo degli atomi -  ha portato a molti cambiamenti profondi nella nostra concezione della materia che sono stati esaminati nei capitoli precedenti. Il secondo passo, che fu la penetrazione nel mondo dei nuclei atomici e dei loro costituenti, ci ha costretti a cambiare le nostre opinioni in un modo che non è meno profondo. In questa nuova situazione, abbiamo a che fare con dimensioni che sono centinaia di migliaia di volte più piccole di quelle atomiche e, di conseguenza, le particelle confinate in tali regioni si muovono a velocità notevolmente più alte rispetto alle particelle confinate nelle strutture atomiche. Di fatto, esse si muovono con velocità tanto grandi che possono essere descritte in maniera adeguata solo nel contesto della teoria speciale della relatività. Per comprendere le proprietà e le interazioni delle particelle subatomiche, è quindi necessario servirsi di uno schema teorico che tenga conto sia della meccanica quantistica sia della teoria della relatività, ed è quest'ultima che ci costringe ancora una volta a mutare la nostra concezione della materia.

Come abbiamo già accennato, l'aspetto caratteristico dello schema relativistico consiste nel fatto che esso unifica concetti fondamentali che prima sembravano non avere alcuna relazione tra loro. Uno degli esempi più importanti è l'equivalenza tra massa ed energia espressa matematicamente dalla famosa equazione di Einstein, E = mc2. Per comprendere il profondo significato di questa equivalenza, dobbiamo anzitutto capire il significato di energia e il significato di massa.

Uno dei concetti più importanti usati nella descrizione dei fenomeni naturali è quello di energia. Come nel linguaggio comune della vita quotidiana, diciamo che un corpo ha energia quando possiede la capacità di compiere un lavoro. L'energia assume una grande varietà di forme: può esistere come energia di moto, energia termica, energia gravitazionale, energia elettrica, energia chimica, e così via. In qualunque forma si trovi,  l'energia può essere usata per compiere lavoro. Per esempio, si può fornire energia gravitazionale a un sasso sollevandolo a una data altezza. Quando poi lo si lascia cadere da quell'altezza, la sua energia gravitazionale si trasforma in energia di moto (o «energia cinetica») e, al momento in cui urta contro il suolo, il sasso può compiere lavoro rompendo qualcosa. Consideriamo un esempio più costruttivo: l'energia elettrica e l'energia chimica possono essere trasformate in energia termica e usate per scopi domestici. In fisica, l'energia è sempre associata a qualche processo o a qualche tipo di attività, e la sua importanza fondamentale consiste nel fatto che l'energia totale che interviene in un dato processo si conserva sempre: può cambiare la sua forma nei modi più complessi, ma nulla di essa può andare perduto. La conservazione dell'energia è una delle leggi più fondamentali della fisica; essa vale per tutti i fenomeni naturali conosciuti e finora non ne è stata osservata alcuna violazione.

D'altro canto, la massa di un corpo è una misura del suo peso, cioè dell'attrazione gravitazionale che agisce su di esso. Oltre a ciò la massa è anche una misura della inerzia di un corpo, cioè della resistenza che esso oppone ad essere accelerato. E più difficile fare accelerare corpi pesanti che corpi leggeri; questo è un fatto ben noto a chiunque abbia dovuto spingere un'automobile. Nella fisica classica, la massa fu inoltre associata a una sostanza materiale indistruttibile, cioè al “materiale” di cui si pensava fossero fatte tutte le cose. Si credeva che essa si conservasse perfettamente, come avviene per l'energia, e che quindi nessuna massa potesse mai andare perduta.

La teoria della relatività afferma invece che la massa non è altro che una forma di energia, la quale non solo può assumere le varie forme note nella fisica classica, ma può anche essere racchiusa nella massa di un oggetto. La quantità di energia contenuta, per esempio, in una particella è uguale al prodotto della massa m della particella per il quadrato della velocità della luce, c2, cioè E =m c2 .

Ora che la massa è riconosciuta come una forma di energia, non è più necessario che sia indistruttibile; essa può trasformarsi in altre forme di energia. Ciò può verificarsi, ad esempio, quando le particelle subatomiche si urtano tra loro. In questi urti, le particelle possono essere distrutte e l'energia contenuta nelle loro masse può trasformarsi in energia cinetica, e ridistribuirsi tra le altre particelle che partecipano all'urto. Inversamente, quando le particelle si urtano a velocità estremamente alte, la loro energia cinetica può essere utilizzata per formare la massa di nuove particelle.

La creazione e la distruzione di particelle materiali è una delle conseguenze più impressionanti dell'equivalenza tra massa ed energia. Nei processi d'urto della fisica delle alte energie, la massa non si conserva più. Durante l'urto, le particelle possono distruggersi trasformando le loro masse in parte nelle masse e in parte nell'energia cinetica delle particelle appena create. Quello che si conserva è solo l'energia totale dell'intero processo, cioè l'energia cinetica complessiva più l'energia contenuta in tutte le masse. Gli urti tra particelle subatomiche sono lo strumento più importante che abbiamo per studiarne le proprietà e la relazione tra massa ed energia è essenziale per la loro descrizione. Essa è stata verificata innumerevoli volte, e i fisici delle particelle sono abituati a tenere continuamente presente l'equivalenza tra massa ed energia; lo sono talmente, in effetti, che misurano le masse delle particelle con le corrispondenti unità di energia.

 

LA STRAORDINARIA CARATTERISTICA DELLE PARTICELLE: FORME DINAMICHE, PROCESSI

La scoperta che la massa non è altro che una forma di energia ci ha costretti a modificare in modo sostanziale il nostro concetto di particella. Nella fisica moderna, la massa non è più associata a una sostanza materiale, e quindi le particelle non sono più viste come costituite da un qualche “materiale” fondamentale, bensì sono viste come pacchetti di energia. Ma poiché l'energia è associata ad attività e a processi, è implicito che la natura delle particelle subatomiche sia intrinsecamente dinamica. Per comprendere meglio questo punto, dobbiamo ricordare che queste particelle possono essere concepite solo in termini relativistici, cioè nel contesto di una struttura nella quale spazio e tempo sono fusi in un continuo quadridimensionale. Le particelle non devono essere rappresentate come oggetti tridimensionali statici, come palle da biliardo o granelli di sabbia, ma piuttosto come entità quadridimensionali nello spazio-tempo. Le loro forme devono essere intese dinamicamente, come forme nello spazio e nel tempo. Le particelle subatomiche sono figure dinamiche che hanno un aspetto spaziale e un aspetto temporale. Il loro aspetto spaziale le fa apparire come oggetti con una certa massa, il loro aspetto temporale come processi ai quali prende parte l'energia equivalente della loro massa.

Queste figure dinamiche, o “pacchetti di energia”, formano le strutture stabili di tipo nucleare, atomico e molecolare che costituiscono la materia e le conferiscono il suo ben noto aspetto solido, macroscopico. Ciò porta a credere che essa sia costituita da qualche sostanza materiale. A livello macroscopico, questa nozione di sostanza è un'approssimazione utile, ma a livello atomico essa non ha più senso. Gli atomi sono composti da particelle e queste particelle non sono fatte di un qualche “materiale”. Quando le osserviamo, non vediamo mai nessuna sostanza, ma solo forme dinamiche che si trasformano incessantemente l'una nell'altra, in una continua danza di energia.

La meccanica quantistica ha permesso di capire che queste particelle non sono granelli isolati di materia, ma distribuzioni di probabilità, interconnessioni in una inestricabile rete cosmica. La teoria della relatività ha poi reso vive, per così dire, le particelle rivelandone il carattere intrinsecamente dinamico e facendo vedere che l'attività della materia è la vera essenza del suo essere. Le particelle del mondo subatomico non sono attive solo nel senso che si muovono con estrema velocità ma nel senso che esse stesse sono processi! L'esistenza della materia e la sua attività non possono essere separate: esse sono soltanto aspetti differenti della stessa realtà spazio-

temporale.

 

LA REALTA’ NEL MONDO ORIENTALE

Nel capitolo precedente, si è sostenuto che la consapevolezza della “compenetrazione” di spazio e tempo ha condotto i mistici orientali a una concezione del mondo intrinsecamente dinamica. Uno studio delle loro opere non solo rivela che essi concepiscono il mondo in termini di movimento, flusso e mutamento, ma sembra anche indicare che essi hanno una profonda intuizione del carattere “spazio-temporale” degli oggetti materiali, così tipico della fisica relativistica. I fisici devono tener conto dell'unificazione di spazio e tempo quando studiano il mondo subatomico e, di conseguenza, essi vedono gli oggetti di quel mondo  – le particelle –  non staticamente, ma dinamicamente, in termini di energia, attività e processi. I mistici orientali, nei loro stati di coscienza non ordinari, sembrano essere consapevoli a livello macroscopico della compenetrazione di spazio e tempo e quindi vedono gli oggetti macroscopici in un modo che è molto simile a come i fisici concepiscono le particelle subatomiche. Ciò è particolarmente sorprendente nel Buddhismo. Uno dei principali insegnamenti del Buddha era che “tutte le cose composte sono precarie”. Nella versione originale in lingua Pali di questo famoso detto, il termine usato per “cose” è samkhāra (in sanscrito: samskāra), una parola che significa anzitutto “un evento” o “un avvenimento  - anche “un'azione”, “un atto” -  e solo come significato secondario “una cosa esistente”. Questo indica chiaramente che i Buddhisti hanno una concezione dinamica delle cose come processi in continuo mutamento. Dice D. T. Suzuki:

 

“I Buddhisti concepiscono l'oggetto come un evento e non come una cosa o una sostanza... La concezione buddhista di "cose" come samskāra (o samkhāra), cioè come “azioni” o “eventi”, mostra che i Buddisti intendono la nostra esperienza in termini di tempo e di movimento”.

 

Come i fisici moderni, i Buddhisti vedono tutti gli oggetti come  processi in un flusso universale e negano l'esistenza di qualsiasi sostanza materiale. Questa negazione è uno dei tratti più caratteristici di tutte le scuole di filosofia buddhista. Essa è anche tipica del pensiero cinese, che ha elaborato una concezione analoga delle cose, intese come stadi transitori nel Tao in perenne fluire, ed era interessato alle interrelazioni fra le cose piuttosto che alla loro riduzione a una sostanza fondamentale. “Mentre la filosofia europea tendeva a trovare la realtà nella sostanza”, scrive Joseph Needham “la filosofia cinese tendeva a trovarla nella relazione”.

Nelle concezioni del mondo di tipo dinamico del misticismo orientale e della fisica moderna, quindi, non c'è posto per forme statiche né per una qualsiasi sostanza materiale. Gli elementi fondamentali dell'universo sono forme dinamiche, stadi transitori nel “continuo fluire della trasformazione e del mutamento”, come li chiama Chuang-tzu.

Secondo la nostra attuale conoscenza della materia, le sue forme basilari sono le particelle subatomiche e la comprensione delle loro proprietà e delle loro interazioni è lo scopo principale della moderna fisica fondamentale. Oggi, noi conosciamo più di duecento particelle, la maggior parte delle quali vengono create artificialmente in processi d'urto e vivono solo per un intervallo di tempo estremamente breve, molto meno di un milionesimo di secondo! E quindi del tutto evidente che queste particelle dalla vita così breve rappresentano soltanto forme transitorie di processi dinamici. Le più importanti domande che ci poniamo nei confronti di queste forme, o particelle, sono le seguenti. Quali sono i loro caratteri distintivi? Sono composte e, se lo sono, da che cosa sono composte, o  - meglio -  quali altre forme coinvolgono? In quale modo interagiscono l'una con l'altra, cioè quali sono le forze che agiscono tra loro? Infine, se le particelle stesse sono processi, di quali tipi di processi si tratta?

Siamo diventati consapevoli che nella fisica delle particelle tutte queste domande sono inscindibilmente connesse. Data la natura relativistica delle particelle subatomiche, non possiamo comprenderne le proprietà senza comprenderne anche le loro interazioni reciproche e, a causa della fondamentale interconnessione che caratterizza il mondo subatomico, non possiamo comprendere alcuna particella prima di aver compreso tutte le altre. I capitoli seguenti presenteranno i risultati conseguiti finora nella conoscenza delle proprietà e delle interazioni delle particelle. Sebbene ci manchi ancora una teoria quantistico- relativistica completa del mondo subatomico, sono state elaborate molte teorie e molti modelli parziali che descrivono con grande successo alcuni aspetti di questo mondo. Un'analisi dei modelli e delle teorie più importanti ci permetterà di vedere che essi comportano tutti concezioni filosofiche che sono in straordinario accordo con quelle del misticismo orientale.

 

(da F. Capra, Il Tao della fisica)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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